Scrivendo sulla storia n.18 del 17 Agosto 2013

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Morte di un neonato in alta montagna: com’è possibile e cosa dice la medicina.

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Il giorno dopo la mortea Torino di unbimbo di 8 mesi che si era sentito male il giorno di Ferragosto in Valgrisenche (Aosta), a quota 3.000 metri, ancora persistono gli interrogativi sulle cause della sua morte. I medici che lo hanno soccorso ed hanno provato a fronteggiare le quattro crisi cardiache che alla fine lo hanno vinto, non si pronunciano e velatamente parlano di malformazione congenita del piccolo. Certo non è dimostrabile che una malformazione congenita si sia verificata proprio quel giorno e che la stessa con la crescita del neonato, in altre condizioni atmosferiche, comunquesi manifestasseo si risolvesseda sola.
A leggere sul web, nei tanti siti di help on line, le mamme si dividono tra quelle che prima di portare il proprio neonato in quota si preoccupano delle possibili conseguenze sulla salutedel piccolo e quelle che ostentano le loro felici escursioni con neonato-al-seguito in alta quota, a dispetto di ogni consiglio o teoria pediatrica.

foto rifugio valgrienche

 Attualmente la letteratura medica offre scarsi dati riguardo questo argomento. I comportamenti da adottare per i bambini in alta quota possono essere estrapolati dal Consensus Statement”definito nel marzo 2001 dalla International Society of Mountain Medicine di Basilea secondo cui “…ad un essere umano al di sotto dei tre anni di età un qualsiasi viaggio in ambiente diverso da quello abituale può creare alterazioni del sonno, dell’appetito, dell’alvo, dell’attività ed anche dell’umore… . Risulta difficile distinguere le alterazioni provocate dal viaggio rispetto a quelle causate dalla quota. Il rischio, nelle alte quote, di edema polmonare e cerebrale acuti, è uguale a quello riscontrato negli adulti ed avviene nelle medesime modalità. Unico problema è che il bambino, specie se molto piccolo, non può riferirne la sintomatologia”.

Nel neonato inoltre si deve tener conto dell’immaturità del meccanismo di controllo respiratorio e della diminuzione dello spessore della muscolatura dell’arteria polmonare. L’ipossia, infatti, deprime la ventilazione polmonare nel neonato e questo influisce soprattutto sul sonno. Ed è per questo che, in via precauzionale neonati e lattanti al di sotto dei 2 anni di età non dovrebbero sostare per lungo tempo oltre i 2000-2500 metri di quota. Per quanto riguarda l’alta quota, è sconsigliabile portare lattanti, almeno fino all’anno di età, per lungi periodi a quote intorno o superiori ai 3000 metri.
Chissà se i risultati dell’autopsia chesarà eseguita sul povero corpicino ci diranno qualcosa di più di quanto la letteratura medica non avesse invano provato finora a fare.
 
Questo post è stato pubblicato il 17 Agosto 2013 su Cervelliamo post

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